Messaggio della settimana di Don Giuseppe

IV Domenica di Quaresima                    19 Marzo 2023

 

Vedere con gli occhi di Dio

 

            Com'è possibile che le tenebre non lascino spazio alla luce? Eppure può accadere che la luce non venga accolta. Dio continua a camminare e a riscattare dall'anonimato e dal silenzio storie che altrimenti non conoscerebbero sbocco alcuno: in fondo tutti si erano abituati all'idea che le pupille di un cieco dalla nascita fossero calate.

                  Così, ciò che per Dio diventa occasione per prendersi cura, per gli uomini è solo motivo per piantar su una disputa preferendo risalire alla causa morale piuttosto che lasciarsi interpellare personalmente da quella situazione.

                  A chi vorrebbe ridurre tutto a una questione di peccato, Gesù ribadisce che ci sono situazioni che non possono essere accostate così: è così perché «si manifestassero in lui le opere di Dio». E l'opera di Dio è una sola: dare la vita e darla in abbondanza. Guai a voler collegare malattia, infermità e colpa: è un gioco al massacro. Spesso, però, nel piano di Dio, proprio il dolore e la prova possono essere il luogo in cui egli manifesta la sua grazia. C'è un invito a leggere il dolore nella luce di Dio. La chiave di lettura, infatti, non è all'indietro (che male ho fatto?) ma in avanti: ciò che vivo è realtà in cui Dio continua a operare nei modi che solo lui conosce.

                  Vera sventura, infatti, non è la malattia ma l'essere senza luce, sebbene si distinguano colori e contorni.

                  Come il figlio di Dio, anche i figli di Dio «devono compiere le opere di colui che li ha mandati». Quante situazioni, infatti non vedono realizzarsi l'opera di Dio in loro a motivo della disattenzione dei figli di Dio!

                  Al centro dei pensieri di Dio non una norma (il sabato) anzitutto, ma l'uomo e non un uomo generico, ma quello toccato nella sua carne e incontrato nella sua fragilità.

                  La salvezza operata da Gesù non è mai un atto magico ma un atto relazionale, compiuto nella fiducia dell'interessato, chiamato anch'egli a fare la sua parte: andare a bagnarsi a Siloe. E' la risposta fiduciosa dell'uomo a consentire il concretizzarsi della promessa fatta.

                  Per i farisei quanto è successo non è motivo di stupore e di riconoscenza, è solo inquietante e crea imbarazzo; è in gioco la loro credibilità e il loro potere. Per questo le escogitano tutte dal sentire nuovamente il miracolato al sentire i genitori per i quali la verità conta meno della sicurezza.

                  La realtà della guarigione miracolosa è inattaccabile, ma resta la convinzione che Gesù sia un peccatore e per questo richiamano il miracolato il quale non tarda a ridurli all'evidenza, quella, cioè, che il miracolo accredita la missione divina, mentre essi si ostinano a tenere gli occhi chiusi.

                  Il cieco guarito ha compreso che Gesù è profeta e l'ha difeso a oltranza, ha vissuto nella sua carne e nella sua coscienza il recupero di una dignità a lungo negata, e ora è pronto ad accogliere il mistero.

                  Poiché non basta vedere le cose nella loro giusta luce, al cieco Gesù vuole donare un altro tipo di luce, la luce della fede che è «l'occhio di Dio sugli avvenimenti» (don Mazzolari). Non basta vedere, infatti: è necessario vedere con lo sguardo di Dio. E' solo l'occhio di Dio che permette di leggere in un corpo di carne come quello di Gesù, il figlio stesso di Dio.

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