Domenica I di Quaresima 9 Marzo 2025
Tentazione e fedeltà alla parola di Dio
Il racconto delle tentazioni di Gesù ci rivela che la tentazione è la misura della nostra fedeltà alla parola di Dio. Che quando permettiamo al Vangelo di essere davvero Vangelo, cioè di essere in noi fuoco che arde, allora la nostra carne si ribella, il nostro spirito si rivolta e l'abisso profondo della nostra umanità insorge e si scatena. Questo significa essere tentati a causa del Vangelo.
Certo, l'episodio delle tentazioni nel deserto ci annuncia anzitutto che, come Gesù Cristo ha vinto il male, anche ogni umano può sconfiggerlo, rivelando che il male non è un destino, non ha sempre l'ultima parola; di fronte al male siamo liberi e responsabili in prima persona. Questo per noi è Vangelo. Ma è Vangelo anche il fatto che Gesù non ha fuggito la tentazione, ma si è confrontato e misurato. Ha accettato una lotta corpo a corpo con il tentatore. Ha provato su di sé la forza fisica del male. Ma ha conosciuto anche la seduzione del maligno vivendo le passioni madri, quelle che ogni essere umano conosce: la brama del piacere, l'ebbrezza del possesso e il fascino del potere. Cristo tentato nel deserto ci dice che se si vuole vincere la tentazione bisogna accettare di combattere e correre anche il rischio di perdere. Chi fugge la tentazione è destinato a non conoscere né la gioia della vittoria né 'umiliazione della sconfitta. Chi osa, invece, fino in fondo l'avventura della sua umanità, sa di andare incontro a tentazione certa, perché la tentazione è via di conoscenza, via di salvezza.
Ogni tentazione, quella che vinciamo come quella che perdiamo, è il luogo della nostra verità. Se le fuggiamo è perché non abbiamo il coraggio di vedere e riconoscere ciò che abita nel nostro cuore e di chiamarlo per nome. In realtà, le tentazioni sono la misura delle nostre passioni: «Ciascuno è tentato dalle proprie passioni», si legge nella Lettera di Giacomo. Più sono intense e vigorose più le nostre passioni scatenano in noi forze opposte, dirompenti e caotiche. Se viviamo di passioni mediocri saremo anche tentati in modo mediocre e pavido. Chi non è tentato deve domandarsi se ha almeno una passione travolgente che lo fa vivere e anche patire. Se arde in lui un fuoco che gli fa desiderare la vita piena in tutto. La qualità di una persona si misura dalle tentazioni da cui è provata.
Questo è per noi la Quaresima, tempo dello Spirito: smettere di sfuggire da noi per lasciarci guidare dallo Spirito nel deserto della nostra umanità. Per Gesù, e anche per noi, il vero deserto è la nostra umanità. Ecco Gesù Cristo, ecco il Santo di Dio che rischia l'avventura della sua umanità fino all'estremo. A rischio e pericolo della sua umanità.
Per questo, la tentazione di Gesù non è una simulazione. Non vetrina ma vertigine, perché Gesù, come ogni uomo, porta in sé il suo abisso possibile. Ciascuno di noi è, a sé stesso, il suo deserto, perché ciascuno di noi è a sé stesso causa e luogo di tentazione. Nel deserto, come nel Getsemani, Gesù si trova solo con tutte le possibilità che la sua umanità gli offre: questa è la sola e vera tentazione. Gesù non oppone resistenza allo Spirito che lo conduce nel deserto e, in un cammino di quaranta giorni, si lascia affondare fino al fondo di sé stesso, all'estremo confine del suo deserto interiore, là dove Satana l'attende. Si, il "divisore" ci attende al cuore della nostra umanità, l'unico luogo dove tutto di noi si gioca. L'uomo è la tentazione da cui è provato: da come vi risponde dimostra ciò che è.